De humanos y termitas
«El hombre no fue construido durante el curso de la filogenia para ser tratado como una hormiga y una termita, elementos anónimos e intercambiables de una comunidad de millones y millones absolutamente iguales entre sí», palabras de Konrad Lorenz, fundador de la etología. Entonces él ignoraba que los humanos se inspirarían en ese modelo de elementos anónimos, dominado solo por la eficiencia y por el dinero convertido en fin y no en medio.
Desde el comienzo de la globalización, mientras muchos celebraban de antemano el fin de la pobreza en el mundo, alguien sostenía (simplificando con un ejemplo) que usar la misma camisa hecha por las mismas manos no era el medio para derrotar la pobreza, sino solo una forma de generar mayores ganancias para las multinacionales y las finanzas a cambio de mano de obra barata y una destrucción sistemática del planeta, para no hablar de la perjudicial homogeneización en estilo hormiga. Hemos querido la macroeconomía y las macrofinanzas, teniéndonos los «microestados» con las fronteras cerradas. Hemos querido eliminar el hambre en el mundo, en cambio lo hemos saqueado y aumentado la brecha entre ricos y pobres.
Con el correr del tiempo, lo que llamamos progreso, de alguna manera nos ha alejado del sentido estético y moral necesario para nuestra supervivencia. El progreso se ha separado de un mundo, de una naturaleza que vive en la complejidad del equilibrio y la comunicación entre las partes que lo componen. Éramos parte de este mundo, pero hemos intentado dejar de serlo.
Anestesiados por la banalización, no conseguimos ver más allá, Aunque en estos días circulan «hashtag» esperanzadores: «#todoirábien», «#juntosloconseguiremos», y las voces más acreditadas afirman que «el mundo cambiará», la única certeza es que nuestra pequeña normalidad nunca será la misma, pero la economía y las finanzas encontrarán una manera de no cambiar, porque para ellos andaba bien, es como que si fueran entes ajenos a este planeta, y probablemente no querrán modificar este «modelo global», que también destruye la individualidad y pretende convertirnos en una masa informe de consumidores compulsivos.
¿Nos rebelaremos a este futuro? ¿Volveremos a la naturaleza, a enseñar y respetar la belleza, a recuperar los valores? ¿Nos curaremos del hambre desmedido de objetos e inutilidad en la que nos hemos sumergido y aprenderemos a vivir como inquilinos de este planeta (que es lo que somos) y no como amos obtusos (que es lo que hacemos)?
Próximamente, en nuestra supervivencia, encontraremos la respuesta.
Umani e termiti
«L’uomo non è stato costruito nel corso della filogenesi per essere trattato come una formica e una termite, elementi anonimi e intercambiabili di una collettività di milioni e milioni assolutamente uguali tra di loro», parole di Konrad Lorenz, fondatore dell’etologia. Lui non sapeva allora che proprio gli umani si sarebbero ispirati a quel modello di elementi anonimi, dominati dalla sola efficienza e dal denaro eletto a fine e non a mezzo.
Dall’inizio della globalizzazione, mentre molti celebravano in anticipo la fine della povertà nel mondo, qualcuno sosteneva (per semplificare con un esempio) che usare tutti la stessa camicia fatta dalle stesse mani, non era il mezzo per sconfiggere la povertà, ma soltanto una forma di generare maggiori profitti per le multinazionali e la finanza a cambio di mano d’opera a basso costo e una distruzione sistematica del pianeta, per non parlare di una dannosa omogeneizzazione stile formica. Abbiamo voluto la macroeconomia e la macrofinanza ma ci siamo tenuti i «microstati» con i confini chiusi. Abbiamo voluto sfamare il mondo, l’abbiamo svuotato e aumentato il divario fra ricchi e poveri.
Negli anni, quello che chiamiamo progresso ci ha in qualche modo allontanato di quel senso estetico e morale necessario per la nostra sopravvivenza. Il progresso si è distaccato di un mondo, di una natura, che vive nella complessità degli equilibri e della comunicazione fra le parti che lo formano. Noi eravamo parte di questo mondo, ma abbiamo cercato di tirarci fuori.
Anestetizzati dalla banalizzazione, non riusciamo a vedere oltre. Sebbene circolino in questi giorni i soliti «hashtag» speranzosi: «#andràtuttobene», «#celafaremo», e le voci più autorevoli sostengono che «il mondo cambierà», l’unica certezza è che la nostra piccola normalità non sarà più la stessa, ma l’economia e la finanza troveranno il modo di non cambiare, perché per loro andava bene così, sembrano degli enti estranei a questo pianeta, e probabilmente non vorranno modificare questo «modello globale», che distrugge anche l’individualità, cercando di convertirci in una massa informe di consumatori compulsi.
Saremo capaci di rivelarci a questo futuro? Sapremo tornare alla natura, insegnare la bellezza e rispettarla, ritrovare i valori, riprenderci dalla sbornia di oggetti e d’inutilità nella quale ci siamo tuffati e imparare a vivere come affittuari di questo pianeta (che è quello che siamo) e non come padroni ottusi (che è quello che facciamo)?
Molto presto, nella nostra sopravvivenza, troveremo la risposta.
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